News | 06.10.2025

TRIBUTI: rassegna stampa N° 10/2025 del mese di settembre

TRIBUTI: rassegna stampa N° 10/2025

Rassegna stampa mensile
IMU | TARI | TRIBUTI MINORI

 

Custodi di equilibrio e rigore: le sfide dei tributi locali nel mese appena trascorso

Cari custodi Responsabili dei tributi comunali, benvenuti al decimo numero della Newsletter Tributi del 2025.

Anche questo mese proseguiamo insieme il nostro viaggio tra norme, sentenze e prassi operative, con l’obiettivo di offrire strumenti concreti e aggiornati per affrontare con consapevolezza e rigore l’attività quotidiana negli uffici tributi.

Partiamo da un caso concreto: come ci dobbiamo comportare un contribuente sostiene che il suo C/2 è un fabbricato rurale?  In prima battuta dobbiamo verificare se è riportata a catasto la specifica annotazione relativa al possesso del requisito di ruralità.

Per quanto riguarda i temi della rassegna stampa di questo mese tratteremo l’esenzione IMU relativa ad un impianto che produce energia elettrica da biomassa su un terreno agricolo finalizzato allo svolgimento dell’attività agricola e quella relativa agli immobili merce la cui dichiarazione per l’esenzione ha effetti anche per gli anni successivi.

Vedremo come non risulta dovuta l’IMU sull’immobile occupato abusivamente anche nel periodo antecedente alla norma di esenzione e che nel caso di un contratto di permuta di cosa presente (terreno) con cosa futura (manufatto edilizio, da costruire sull’area edificabile a cura e con i mezzi dell’acquirente), la tassazione va determinata con riferimento al momento dell’evento traslativo, configurabile nella conclusione del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali.

Troveremo un interessante articolo relativo ai contratti di vendita con riserva di proprietà dove viene specificato che il tributo resta in capo al titolare del diritto reale fino al trasferimento definitive e un’altro che evidenzia come la rinuncia all’eredità abbia effetti retroattivi.

 Evidenzieremo come quando il destinatario è assente la notifica si perfezioni dopo 10 giorni di giacenza.

Analizzeremo come in tema di Tari non esista l’ esenzione automatica per i luoghi di culto e come risulti tassabile anche l’intero spazio acqueo di una concessione.

Vedremo che dal 1° ottobre partirà il servizio Conciliazione anche per il settore rifiuti e che L’Agenzia delle Entrate punta a migliorare la qualità dei dati catastali collaborando con Google Maps e Amazon.

Chiudiamo con un concetto che riassume bene il senso del nostro lavoro: presidio. Essere responsabili dei tributi oggi significa presidiare con attenzione ogni norma, ogni scadenza, ogni sentenza. Ma anche ascoltare, interpretare, guidare. Questa newsletter vuole essere uno strumento per farlo meglio, ogni mese.

Con stima e fiducia in un domani più equo,

Paolo Finotto

 

PROBLEMATICA/QUESITO

 

Un contribuente non ha mai pagato l’imposta per i suoi fabbricati accatastati come categoria C/2 in quanto sostiene essere fabbricati rurali. E’ corretto?

Soluzione:

Formulata così non è possibile dare una risposta univoca.

In prima battuta si deve ricordare che fino all’anno 2019 compreso i fabbricati rurali erano esenti dall’imposta ma che a decorrere dall’anno 2020, invece, in applicazione della nuova disciplina dell’IMU (legge n. 160/2019), i fabbricati rurali a uso strumentale sono assoggettati all’imposta. In seconda battuta si deve ricordare che il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 26 luglio 2012, ha fissato il vincolo per ottenere il riconoscimento della ruralità degli immobili ai fini Imu, stabilendo che i fabbricati rurali destinati ad abitazione e ad attività strumentale all’esercizio dell’attività agricola, per essere riconosciuti tali, devono riportare a catasto una specifica annotazione relativa al possesso del requisito di ruralità. Senza tali annotazioni i fabbricati non possono essere considerati rurali.

 

RASSEGNA STAMPA

 

2 settembre 2025 | Fonte:  https://ntplusfisco.ilsole24ore.com

Niente Imu per l’impianto da biomassa sul terreno agricolo

Per l’esonero rileva l’oggettiva classificazione catastale del cespite come rurale

Un impianto che produce energia elettrica da biomassa su un terreno agricolo finalizzato allo svolgimento dell’attività agricola beneficia dell’esenzione Imu. È quanto si ricava dall’ordinanza 18844/2025 della Cassazione, che riguardava un caso relativo all’Ici.

Il contenzioso tributario sorge a seguito del fatto che un ente locale aveva emesso alcuni avvisi di accertamento nei confronti di diversi contribuenti svolgenti attività agricola disconoscendo la ruralità di alcuni immobili di cui uno, avente destinazione mista ad abitazione e deposito, e, l’altro, avente destinazione ad attività agricola connessa.

L’assoggettamento

Il Comune nel ricorso in Cassazione, dopo la sentenza sfavorevole della Ctr, ha lamentato che il giudice di appello, nell’asserire che in definitiva, ai fabbricati destinati a funzioni connesse alle attività agricole va comunque riconosciuto il requisito della ruralità se censiti in categoria D/10 abbia adottato un approccio meramente formalista, attribuendo esclusiva rilevanza alle risultanze catastali, ancorché le stesse non siano risultate conformi alla effettiva realtà fattuale. Secondo l’ente locale ricorrente, con riferimento all’immobile strumentale censito in catasto con la categoria D/10, il giudice di appello, contrariamente a quanto era stato sostenuto dal giudice di prime cure, ai fini dell’esenzione dall’Ici , ha considerato «dirimente l’oggettiva classificazione catastale (…) sicché l’immobile che sia stato iscritto come “rurale” non è soggetto all’imposta e il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’Ici».

In sostanza per la Ctr l’esenzione Ici/Imu è consentita sul presupposto che la prova della ruralità dipende dalla classificazione in categoria D/10 del fabbricato.

L’immobile destinato alle attività connesse

La Cassazione chiamata a pronunciarsi, nel respingere il ricorso, osserva che per costante giurisprudenza di legittimità in tema di Ici/Imu, ai fini del trattamento esonerativo rileva l’oggettiva classificazione catastale del cespite come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (rispettivamente, A/6 o D/10), con il conseguente onere di impugnazione del diverso classamento da parte di chi richieda il riconoscimento o l’esclusione del requisito di ruralità.

Tra l’altro, osserva la Cassazione, con riferimento alla classificazione come fabbricato rurale anche di quello adibito ad impianto di produzione di energia elettrica da biomassa ad elevata potenzialità è perfettamente ammissibile in base ai principi affermati dalla Cassazione, sulla base dell’articolo 1, comma 423, della legge 266/2005, nel testo modificato dall’articolo 1, comma 369, della legge 296/2006 dove si prevede che la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo, effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse in base all’articolo 2135, comma 3, del Codice civile e si considerano produttive di reddito agrario.

https://ntplusfisco.ilsole24ore.com/art/niente-imu-l-impianto-biomassa-terreno-agricolo-AHr2TtgB?cmpid=nl_ntplusfisco

 

3 settembre 2025 | Fonte:  https://ntplusfisco.ilsole24ore.com

 

Tari, resta il divieto di motivazione postuma dell’accertamento

Esclusa la possibilità di integrazione dinanzi al giudice

La Cassazione, con l’ordinanza 21875 del 29 luglio scorso si è espressa sul tema dell’obbligo motivazionale dell’avviso di accertamento Tari ribadendo il cosiddetto divieto di integrazione postuma, già presente nell’ordinamento, e reso espresso dal legislatore della riforma fiscale.

L’articolo 7, comma 1, dello Statuto del contribuente, già nella formulazione antecedente alla riforma, sanciva che gli atti emessi dalle amministrazioni fiscali devono essere motivati dai presupposti di fatto e dalle ragioni di diritto che ne hanno determinato l’emissione. Con particolare riferimento ai tributi locali, tale principio è stato recepito dall’articolo 1, comma 162, della legge 296/2006.

Nella recente ordinanza la Suprema Corte ha illustrato come l’obbligo motivazionale dell’accertamento Tari possa ritenersi adempiuto, per relationem, con il solo richiamo alla deliberazione comunale delle tariffe, laddove l’emissione dell’atto sia ascrivibile alla variazione della superficie tassabile o della tariffa o della categoria. Ciò è anche sufficiente «al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile». Tuttavia, ove il disconoscimento dell’agevolazione fiscale derivi dal verificarsi, o meno, di una situazione di fatto, la motivazione deve essere espressa e tale obbligo «deve essere rispettato ab origine e non nel corso del giudizio, essendo un requisito intrinseco dell’atto impositivo».

L’obbligo motivazionale dell’accertamento, infatti, deve ritenersi adempiuto solo quando il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’“an” e il “quantum” dell’imposta. Il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva. Questo principio era stato già affermato dalla Suprema Corte con l’ordinanza 26336/2024 in relazione all’accertamento Imu, ma, evidentemente, è estendibile all’accertamento degli altri tributi locali, e di ogni altro tributo.

Il divieto di integrazione postuma della motivazione, difatti, si pone a tutela dei principi costituzionali di imparzialità della pubblica amministrazione, del giusto processo, e del diritto di difesa del contribuente. Pertanto, l’articolo 1 del Dlgs 219/2023 ha introdotto nell’articolo 7 della legge 212/2000 il comma 1-bis secondo il quale «i fatti e i mezzi di prova a fondamento dell’atto non possono essere successivamente modificati, integrati o sostituiti se non attraverso l’adozione di un ulteriore atto, ove ne ricorrano i presupposti e non siano maturate decadenze».

https://ntplusfisco.ilsole24ore.com/art/tari-resta-divieto-motivazione-postuma-dell-accertamento-AHrgNWRC?cmpid=nl_ntplusfisco

 

8 settembre 2025 | Fonte:  https://ntplusfisco.ilsole24ore.com

Area diventata inedificabile, rimborso Imu solo se previsto dal regolamento

Prima di presentare l’istanza occorre verificare se il Comune ha previsto la possibilità di restituzione

Ai fini Ici prima e Imu ora, un’area è fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base a uno strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo e dall’approvazione da parte della Regione. Le finalità della norma urbanistica sono infatti diverse da quelle della norma fiscale, in quanto non bisogna confondere lo «ius aedificandi» con lo «ius valutandi», fattispecie che poggiano su presupposti diversi. Con la conseguenza che, in caso di inedificabilità sopravvenuta, non spetta il rimborso dell’imposta versata, a meno che il regolamento comunale non preveda espressamente il rimborso.

È il principio espresso 688/3/2025 della Cgt di secondo grado della (presidente Greco, relatore Belle), che ha parzialmente accolto l’appello di un Comune avverso la sentenza di primo grado che lo condannava a rimborsare l’Ici e l’Imu, versate da un contribuente in relazione ad un terreno edificabile poi divenuto nel tempo inedificabile.

Nel caso deciso dalla sentenza in commento, un contribuente presentava istanza di rimborso dell’Ici per il 2011 e dell’Imu per il 2012-2016. In primo grado il ricorso avverso il silenzio rifiuto veniva integralmente accolto per tutte le annualità, mentre in secondo grado era parzialmente accolto l’appello del Comune.

In particolare, secondo i giudici toscani, in mancanza di strumenti urbanistici idonei a ricondurre l’area tra quelle edificabili, si applica il criterio suppletivo della cosiddetta «edificabilità di fatto». Per tali motivi, la caducazione dello strumento urbanistico non determina di per sé il venir meno del presupposto impositivo. Tuttavia, la Corte ha accolto solo parzialmente l’appello, per gli anni 2013-2016, mentre ha riconosciuto il rimborso per il 2011 e il 2012, in quanto annualità per le quali il regolamento comunale (all’epoca vigente) consentiva la possibilità del rimborso dell’imposta versata per i terreni divenuti inedificabili.

Il principio affermato nella sentenza in commento si inserisce nel solco già tracciato dalla Cassazione secondo cui in relazione all’Imu versata per aree successivamente divenute inedificabili il rimborso dell’imposta, pagata durante gli anni pregressi al provvedimento amministrativo che ha determinato l’inedificabilità, spetta solo se il regolamento comunale disponga espressamente in tal senso (Cassazione sentenza n. 31022/2018; ordinanza n. 22593/2017; ordinanza n. 30732/2021).

In maggiore dettaglio, è stato chiaramente affermato che «la regola è l’inammissibilità del rimborso del tributo relativamente alle aree divenute non più edificabili e, quindi, dell’insussistenza di un “diritto al rimborso”, ma è rimessa alla libera discrezionalità dei Comuni la (semplice) facoltà di ammettere rimborsi, nei tempi ed alle condizioni indicati negli appositi regolamenti, per l’Ici versata, non potendo dunque trovare applicazione l’invocato articolo 2033 del Codice civile» (Cassazione, sentenza n. 14697/2024).

In caso di inedificabilità sopravvenuta, dunque, prima di presentare l’istanza di rimborso, occorre verificare il regolamento comunale, considerato che il Comune ha la facoltà – e non l’obbligo – di prevedere il diritto al rimborso, in base all’articolo 1, comma 777, lettera c), della legge 160/2019.

https://ntplusfisco.ilsole24ore.com/art/area-diventata-inedificabile-rimborso-imu-solo-se-previsto-regolamento-AH1rQLSC?cmpid=nl_ntplusfisco

 

9 settembre 2025 | Fonte:  https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com

 DL 84/2025 convertito in legge 108/2025. IMU esenzione per attivita’ sportive

Approvata la conversione in legge del DL 84/2025 che introduce allarticolo 6 bis una disposizione destinata all’applicazione dell’esenzione IMU a favore degli immobili ove si svolge attività sportiva. La norma affida ai comuni precisi compiti al fine di individuare i corrispettivi medi per analoghe attività svolte con modalità concorrenzialiI corrispettivi medi  di cui al primo periodo del presente comma sono individuati annualmente e sono pubblicati da ciascun comune nel proprio sito internet istituzionale. Fino a quando i comuni non adempieranno a questo obbligo, l’esenzione va riconosciuta.

Art. 6 bis Disposizioni in materia di esenzione dall’imposta municipale propria per lo svolgimento di attività sportive

  1. Ai fini dell’esenzione dall’imposta municipale propria di  cui all’articolo 1, comma 759, lettera g), della legge 27 dicembre 2019, n.  160, per l’applicazione delle   disposizioni   riferite   allo svolgimento delle attività sportive di cui all’articolo 1, comma 1, lettera m),  del  regolamento  di  cui  al  decreto   del   Ministro dell’economia e delle finanze 19 novembre  2012,  n.  200,  i  comuni individuano, sentite   le   rappresentanze   sportive   locali,   i corrispettivi medi previsti  per  analoghe  attivita’  svolte   con modalita’  concorrenziali  nello  stesso  ambito   territoriale   per verificare il rispetto delle condizioni di cui all’articolo 4,  comma 6, del medesimo regolamento n. 200 del 2012. I corrispettivi medi  di cui al primo periodo del presente comma sono individuati annualmente e sono  pubblicati  da  ciascun  comune  nel  proprio  sito  internet istituzionale. Per ambito territoriale si intende quello comunale  e, nel caso in cui non esistano strutture di riferimento all’interno del singolo comune,  detto  ambito  puo’  essere  esteso  fino  a  quello regionale.
  2. Nelle more dell’attuazione delle disposizioni del  comma  1,  ai fini dell’applicazione dell’esenzione di cui  all’articolo  1,  comma 759, lettera g), della  legge  27  dicembre  2019,  n.  160,  per  le associazioni sportive dilettantistiche e  per  le  società  sportive dilettantistiche di cui all’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, rileva  la  sola  iscrizione  nel  registro  nazionale  delle attività sportive di cui all’articolo 4 del decreto  legislativo  28 febbraio 2021, n. 39, a valere dall’anno di iscrizione  nel  predetto registro. In ogni caso, non si dà luogo al rimborso delle somme già versate.

https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com/#showdoc/44095301

 

9 settembre 2025 | Fonte:  https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com

Negata la ruralita’ all’oleificio che non aveva chiesto la classificazione catastale

 Accolto il ricorso che cassa la sentenza del giudice di appello nella parte in cui aveva affermato che non era necessario, ai fini fiscali, che il fabbricato rurale fosse catastalmente classificato in categoria D/10, potendo in concreto il giudice tributario verificare l’oggettiva strumentalità alla produzione connessa ad attività agricole. Inoltre, ha ritenuto che la società agricola, sia pure in ritardo rispetto al termine finale del 30 settembre 2012 e, «dopo la notifica dell’avviso di accertamento relativo all’IMU 2012» (si legga: IMU relativa agli anni 2012, 2013, 2014 e 2015), aveva proposto istanza il 13 novembre 2017 «di variazione catastale al fine di riconoscimento della cat. D 10 al fabbricato», corredata da autocertificazione in ordine alla sussistenza del requisito dalla ruralità del fabbricato fin dai cinque anni antecedenti la domanda.

La suprema Corte CORTE DI CASSAZIONE o. 18855/2025 ribadisce che il riconoscimento della ruralità è di esclusiva valutazione catastale e che la procedura speciale della retroattività quinquennale si è esaurita nel 2012.

Ne consegue che un’eventuale domanda di inserimento in catasto di fabbricati rurali con la categoria D/10 nell’anno 2017, non poteva valere per il quinquennio antecedente (cioè, dall’anno 2011 all’anno 2016), dovendo escludersi l’efficacia retroattiva dello ius superveniens per le domande presentate dopo il 30 settembre 2012 (termine ultimo per la domanda di annotazione).

https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com/#showdoc/44095349

 

9 settembre 2025 | Fonte:  https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com

La sospensione dell’attivita’ e’ ammessa solo in caso di omessi pagamenti accertati

Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Sicilia scrive in maniera chiara le regole che i comuni devono rispettare nell’applicazione della norma che permette di sospendere l’esercizio di attività economiche in presenza di omessi pagamenti dei tributi locali. Una lettura costituzionalmente orientata non permette di ritenere sufficiente la mera irregolarità, né è possibile intervenire in ogni momento. Di seguito le indicazioni dell’organo giudicante

L’art. 15 ter del dl 34/2019, a differenza dell’analoga regola (che era) contenuta nell’art. 80, commi 4 e 5, del d.lgs n. 50/2016, ha una formulazione assai generica: infatti, nell’indicare i presupposti per la sua operatività, si limita, testualmente, al richiamo di una semplice irregolarità del pagamento dei tributi locali lasciando, almeno apparentemente, agli enti locali ampia discrezionalità nel definire, con l’adozione di un proprio regolamento, detta “irregolarità tributaria”, sia in merito all’entità del tributo, sia alla gravità dell’inadempimento, sia soprattutto in ordine al relativo accertamento. Tale disposizione, se interpretata secondo una mera lettura letterale, proprio per il suo contenuto aperto potrebbe essere causa di discriminazione tra i contribuenti che risulterebbero differenziati fra loro per via dei diversi regolamenti adottati dai comuni di appartenenza che prevedano di associare l’effetto penalizzante di cui all’art. 15-ter a condizioni di inadempimento dei tributi più o meno gravi e sicure (e, tendenzialmente, sempre meno gravi e più insicure, se si lascia al creditore mano libera nella determinazione dei presupposti per l’attivazione della coazione indiretta sul debitore); ritiene il Collegio che profili d’incompatibilità costituzionale della prefata normativa primaria possano invece essere agevolmente superati accedendo a un’interpretazione secundum costitutionem del cit. art. 15-ter. A tal fine è doveroso che del cit. art. 15-ter sia data, in primo luogo, un’interpretazione adeguatamente restrittiva e costituzionalmente orientata, che consenta quantomeno di circoscriverne i perniciosi effetti applicativi che si sono testé evidenziati.

Sicché l’art. 15-ter d.l. n. 34/19 non può che essere interpretato nel senso che esso consente agli enti locali di subordinare i titoli abilitativi alla verifica di regolarità dei tributi locali unicamente con riguardo a quelli definitivamente accertati: ossia riconducendo la relativa formulazione – laddove introduce come elemento costitutivo della propria fattispecie la “regolarità del pagamento dei tributi locali” – al concetto, così come già presente nel comma 4 del previgente e succitato art. 80 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, di “violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento”, nella specie, “dei tributi locali”. Nonché con la duplice avvertenza che, necessariamente:

1) “Costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione” (così com’è stabilito dal secondo periodo di detto comma 4);

2) “Costituiscono gravi violazioni … quelle ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva” (così il terzo periodo dello stesso comma 4) e cioè – per riferire tale formulazione al diverso ambito del nostro succitato art. 15-ter – le violazioni di entità non inferiore a quella che, se si fosse verificata “in materia contributiva e previdenziale”, sarebbe risultata ostativa al rilascio del c.d. D.U.R.C..

Solo nel rispetto di tali essenziali condizioni i regolamenti comunali – cui si riferisce il cit. art. 15-ter – “possono disporre” legittimamente quanto previsto della prefata disposizione di legge (che viene così ricondotta nell’alveo di una sua corretta compatibilità costituzionale). Intendendo diversamente il precetto legislativo, sarebbe incostituzionale la legge, che invece deve soggiacere a una interpretazione costituzionalmente orientata.

Un altro aspetto segnalato dal Consiglio di Giustizia Amministrativa riguarda la locuzione del citato art 15 ter “che il rilascio o il rinnovo e la permanenza in esercizio siano subordinati alla verifica della regolarità del pagamento dei tributi locali” non può essere intesa estensivamente – come ha invece fatto il Comune appellato con l’art. 5 del Regolamento qui impugnato – nel senso che tale verifica possa operarsi in ogni momento; sia perché, altrimenti, il riferimento (anche al rilascio, ma soprattutto) “al rinnovo” sarebbe del tutto pleonastico; sia, soprattutto, perché tale gravosa misura sanzionatoria deve essere intesa, secondo il principio di legalità, nei più restrittivi limiti esegetici conformi con la norma primaria, la quale, nel fare riferimento ai tre diversi momenti in cui avviene “il rilascio o il rinnovo e la permanenza in esercizio” dell’autorizzazione commerciale, va correttamente riferita (unicamente) al momento in cui la licenza di commercio è rilasciata con provvedimento espresso; ovvero è rinnovata all’atto della sua scadenza (per decorrenza del precedente termine); ovvero infine – solo laddove si tratti di “segnalazioni certificate di inizio attività”, poiché immediatamente efficaci già nelle more dei dovuti accertamenti dell’ufficio – nel momento in cui, in esito a tali accertamenti, dev’essere consentita ovvero invece inibita (ex art. 19 l. n. 241/1990) la “permanenza in esercizio” dell’attività stessa.

https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com/#/showdoc/44095353

 

9 settembre 2025 | Fonte:  https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com

Freccia direzionale “Poste” paga il canone pubblicitario

 Il cartello freccia direzionale “Posta + logo”  deve considerarsi una forma indiretta di pubblicità (si ricorda che nel cartello vi era la dicitura “posta” con accanto il logo ) e deve, pertanto, scontare la relativa imposta comunale sulla pubblicità. (Tribunale di Siena n.253/2025).

Le frecce direzionali monofacciali debbono essere assoggettate ad imposta di pubblicità, in quanto non esplicano solo il fine di indicare la direzione da percorrere per raggiungere l’ufficio postale, ma richiamano anche il nome caratteristico, indispensabile ed originale dell’impresa, che è elemento strettamente connesso alla commercializzazione e alla funzione di collettore di clientela

La freccia bifacciale che riporta la scritta “ufficio postale”, certamente può potenzialmente incrementare e dare impulso ad una nuova domanda di mercato, in quanto presso “l’ufficio postale” si “vendono” plurimi servizi, oltre a prodotti finanziari, beni che devono trovare collocazione sul mercato e la freccia direzionale è proprio strumentale a questo scopo ( in tal senso è pure la copiosa giurisprudenza di merito citata dall’appellante: vedi per tutte CGT di II grado della Toscana, Sez. 1 sent n. 859/2023). Inoltre, il servizio postale “tradizionale”, quello in relazione al quale si qualificava l’attività delle come “servizio pubblico” di primario rilievo, è solo uno dei tanti oggi offerti e, ormai, neppure in regime di monopolio come un tempo.

Dunque, seppure le frecce in questione non abbiano quale funzione primaria quella reclamistica o propagandistica, possiedono comunque una oggettiva idoneità pubblicitaria, non essendo la finalità di agevolare la circolazione stradale incompatibile con la funzione pubblicitaria del cartello indicatore

In tale contesto, la freccia direzionale diviene, pertanto, mezzo pubblicitario che indica l’ubicazione di un ufficio che, oltre a curare la corrispondenza, opera su mercati diversificati. Diversamente, si determinerebbe un’alterazione della concorrenza in favore di uno dei soggetti che operano in tali mercati.

La sentenza condivide quanto affermato dal Tribunale di Padova, sentenza n. 1309 del 2023, su una questione del tutto similare: “In relazione alla nozione di messaggio pubblicitario, può essere utilizzato il consolidato orientamento giurisprudenziale formatosi sulla normativa precedente, in base al quale i segnali di indicazione elencati all’art. 39, lett. c), del codice della strada, i quali includono i segnali turistici e di territorio che forniscono agli utenti informazioni necessarie o utili per la guida e la individuazione di località, itinerari, servizi e impianti, nonché, in particolare, i segnali di avvio a fabbriche e stabilimenti, ove contengano il riferimento nominativo ad una determinata ditta, svolgono, per la loro sostanziale natura di insegne, anche una funzione pubblicitaria (così Cass. 11.04.2014, n. 8616)

https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com/#/showdoc/44095357

 

15 settembre 2025 | Fonte:  https:// www.italiaoggi.it

Catasto, sinergia con Google Maps e Amazon per dati più precisi

L’Agenzia delle Entrate punta a migliorare la qualità dei dati catastali collaborando con Google e Amazon. L’integrazione dei database potrebbe ridurre errori e lacune nella numerazione civica nazionale

Le mani di Google, Maps e Amazon sui dati del catasto aiutano a correggere gli errori e le omissioni ma incassano informazioni. La qualità dei dati presente nell’Archivio Nazionale dei Numeri Civici delle Strade Urbane (ANNCSU) può essere ulteriormente migliorata in sinergia con i colossi della logistica e della navigazione stradale.

Disparità nella gestione dei dati catastali

È quanto emerge da un’analisi tecnica di “Territorio Italia”, la rivista scientifica dell’Agenzia delle Entrate che approfondisce i temi legati al catasto, che evidenzia profonde disparità tra i Comuni italiani nella gestione e nella precisione dei dati relativi alla numerazione civica.

Alcuni Comuni hanno effettuato un censimento accurato e completo degli accessi, assegnando numeri civici georiferiti e validati, mentre altri mostrano lacune significative, con elenchi di odonimi (nomi delle vie) parziali o non aggiornati. Questo squilibrio influisce sulla qualità complessiva del database nazionale.

Il ruolo dell’Agenzia delle Entrate

La qualità dell’ANNCSU può essere valutata attraverso indicatori di accuratezza, completezza e aggiornamento. Tuttavia, la misurazione dell’errore, inteso come la percentuale di indirizzi errati, obsoleti o inesistenti, non è semplice. I tradizionali censimenti decennali, basati su sopralluoghi estesi, sono stati sostituiti dal censimento permanente e dall’uso di dati amministrativi certificati, rendendo meno immediata la verifica diretta sul territorio.

Un punto di forza è rappresentato dall’Agenzia delle Entrate, che gestisce direttamente la banca dati catastale a copertura nazionale e georiferita. Tuttavia, anche gli indirizzi catastali possono contenere errori, dovuti a imprecisioni dei tecnici o alla mancata assegnazione di odonimi e numeri civici da parte dei Comuni al momento dell’accatastamento.

Correzione degli errori tramite il SIT

Il compito di attribuire correttamente gli indirizzi alle unità immobiliari spetta agli uffici territoriali dell’Agenzia, che operano attraverso il Sistema Integrato del Territorio (SIT). Utilizzando ortofoto, mappe catastali e strumenti come Google Maps e Street View, è possibile individuare tre principali tipologie di errore: accessi esistenti non registrati in ANNCSU, numeri civici inesistenti presenti nel database, odonimi assegnati a gruppi di vie anziché a singole aree di circolazione.

Stato attuale della bonifica dei dati

Dal 2011, l’Agenzia ha avviato un lavoro di bonifica degli odonimi catastali non conformi e, dal 2016, anche dei numeri civici, sfruttando le funzionalità grafiche del SIT. Ad oggi, circa il 90% delle unità immobiliari ha un odonimo certificato dal Comune, mentre solo il 57% dispone di un numero civico anch’esso allineato. Il dato evidenzia una buona qualità per quanto riguarda i nomi delle vie, ma lascia aperta la questione sulla qualità dei numeri civici, che spesso risultano assenti o non verificabili. Per colmare questa lacuna, servono ulteriori confronti con fonti aggiornate quotidianamente, come quelle di Poste Italiane o dell’ANPR.

Integrazione con i servizi di logistica e navigazione

Un passaggio decisivo, come viene specificato nel documento, sarà la messa a disposizione dei servizi di interrogazione dell’ANNCSU tramite cooperazione applicativa o in modalità open data. Società come Amazon, Google, TomTom, DHL o Poste Italiane, che gestiscono logistica e navigazione, avranno tutto l’interesse a utilizzare questi dati. L’integrazione potrebbe generare un circolo virtuoso. Da un lato, l’allineamento dei database commerciali agli standard dell’ANNCSU, dall’altro la segnalazione automatica degli indirizzi mancanti o erronei.

https://www.italiaoggi.it/diritto-e-fisco/fisco/catasto-sinergia-con-google-maps-e-amazon-per-dati-piu-precisi-h7c4sqap

 

15 settembre 2025 | Fonte:  https://ntplusfisco.ilsole24ore.com

Tari, niente esenzione automatica per i luoghi di culto

Scelta rimessa alle amministrazioni locali purché a carico della fiscalità generale e non del gettito Tari. La risoluzione 1/DF: tariffe da calibrare sulla reale capacità inquinante delle superfici

Per i luoghi di culto esclusa l’esenzione automatica dalla Tari. È il chiarimento fornito dal dipartimento delle Finanze con la risoluzione 1/DF/2025 che dirime i principali dubbi legati all’applicazione della tassa sui rifiuti anche a chiese e spazi religiosi da parte di alcuni comuni. Il dipartimento nella risoluzione prende le mosse da un dato certo: la normativa nazionale non contempla alcuna esenzione espressa per gli immobili destinati al culto, rimettendo di fatto alle amministrazioni locali la scelta di prevedere riduzioni o esenzioni all’interno dei propri regolamenti, purché a carico della fiscalità generale e non del gettito Tari.

La disciplina di riferimento resta, infatti, quella introdotta dall’articolo 1, comma 659, della legge 147/2013, che individua tassativamente le ipotesi agevolabili, tra cui le abitazioni a uso stagionale, quelle occupate da soggetti residenti all’estero o i fabbricati rurali. Un elenco che, come evidenziato dal Mef, non menziona gli enti di culto che, al contrario, al pari di musei e biblioteche, figurano invece tra le utenze non domestiche nelle tabelle allegate al Dpr 158 del 1999. Con la conseguenza che, salvo specifiche previsioni regolamentari, le superfici destinate al culto rientrano nel perimetro di applicazione della tassa. In tal senso, determinante è il ruolo della giurisprudenza di Cassazione (sentenza 38984/2021), secondo cui non può bastare la destinazione religiosa dell’immobile a fondare l’esenzione Tari. È necessario dimostrare in concreto l’incapacità a produrre rifiuti, per caratteristiche oggettive o per il particolare utilizzo degli spazi. Non basta, quindi, la classificazione catastale. Occorre una dichiarazione puntuale da parte del contribuente e una verifica effettiva da parte del Comune. Da qui la possibilità delle amministrazioni locali di prevedere riduzioni o esenzioni nel caso in cui emerga una reale inidoneità a produrre rifiuti, in linea con il principio europeo del «chi inquina paga».

Infine, un ulteriore profilo affrontato dalla risoluzione e che merita attenzione riguarda il principio di proporzionalità. L’ente impositore, come correttamente rilevato dal dipartimento delle Finanze, nel calcolare la tariffa deve evitare di gravare con oneri sproporzionati rispetto all’effettiva produzione di rifiuti. La discrezionalità regolamentare incontra, quindi, il limite del rapporto equilibrato tra gettito e servizio reso; criterio che, se disatteso, può essere sindacato dal giudice. Ciò significa che con riferimento ai luoghi di culto, pur non trovando un’esenzione automatica dalla Tari, le tariffe dovranno essere calibrate sulla reale capacità inquinante delle superfici. Un equilibrio che restituisce centralità al ruolo dei comuni, chiamati a bilanciare esigenze di finanza locale e specificità di immobili che, pur rivestendo una funzione sociale e comunitaria, restano potenzialmente idonei alla produzione di rifiuti.

https://ntplusfisco.ilsole24ore.com/art/tari-niente-esenzione-automatica-i-luoghi-culto-AHAlAZeC?cmpid=nl_ntplusfisco

 

16 settembre 2025 | Fonte:  https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com

IMU in caso di permuta. Decorrenza della soggettivita’ passiva con l’esistenza del fabbricato

Ai fini del regime tributario applicabile al contratto di permuta di cosa presente (terreno) con cosa futura (manufatto edilizio, da costruire sull’area edificabile a cura e con i mezzi dell’acquirente), la tassazione va determinata con riferimento al momento dell’evento traslativo, configurabile nella conclusione del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 6171 del 10/03/2017).

I contribuenti impugnavano gli avvisi di accertamento per gli anni 2012, 2013 e 2014 relativi ad una differenza sull’imposta IMU dovuta per alcune unità abitative oggetto di permuta quali beni futuri, nell’ambito di una complessiva operazione contestuale con la quale essi, a fronte della cessione di un terreno di loro proprietà, avevano acquistato dalla detta società la piena proprietà di sei unità immobiliari da realizzarsi.

Premesso che il Comune, nella fattispecie in esame, ha proceduto a richiedere l’IMU limitatamente alle quattro unità realizzate (e non per le sei unità future oggetto del contratto di permuta), la stipula successiva di un atto notarile di compravendita avrebbe una valenza meramente ricognitiva e servirebbe solo (a seguito della trascrizione) a dirimere eventuali contrasti con ulteriori acquirenti del medesimo bene. Nel contempo, nessuna rilevanza ha, come noto, ai fini dell’accertamento della proprietà, la persistenza in capo alla venditrice-costruttrice (sulla base delle visure catastali) della intestazione catastale dei beni. E’ noto, infatti, che l’intestazione catastale, come non è di per sè idonea a fornire la prova della proprietà immobiliare, cosi è priva di valore probatorio superiore a quello indiziario ai fini della dimostrazione del possesso, avendo l’istituto del catasto il solo scopo di accertare il reddito fondiario, mediante attribuzione ad ogni fondo del valore contributivo a seconda della superficie, qualità e classe delle sue particelle (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 3343 del 08/10/1976).

La Cassazione (Cassazione n. 18929/2025) neutralizza la decisione di secondo grado che aveva ritenuto non dovuta l’IMU, pur trattandosi di una permuta di cosa presente con cosa futura e pur verificandosi l’effetto traslativo non appena la cosa viene ad esistenza, in quanto le unità abitative non avevano ottenuto l’abitabilità e per tale motivo non erano state consegnate, sicchè gli acquirenti non erano entrati nel possesso delle stesse, a tal punto che dalle visure catastali figurava ancora la società di costruzione

Pertanto, ai fini del regime tributario applicabile al contratto di permuta di cosa presente (terreno) con cosa futura (manufatto edilizio, da costruire sull’area edificabile a cura e con i mezzi dell’acquirente), la tassazione va determinata con riferimento al momento dell’evento traslativo, configurabile nella conclusione del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 6171 del 10/03/2017).

I contribuenti diventano soggetti passivi IMU nel momento in cui gli immobili sono edificati, indipendentemente dalla stipula dell’atto notarile di compravendita che avviene nella fase successiva.

https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com/#showdoc/44123725

 

16 settembre 2025 | Fonte:  https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com

GENITORE AFFIDATARIO E CASA FAMILIARE. QUESITI

 Ai fini IMU, il diritto di abitazione sulla casa familiare si costituisce esclusivamente in capo al genitore affidatario dei figli, con ciò escludendo tutti i casi in cui non sono presenti figli?

La qualifica di “genitore affidatario” riguarda anche i figli maggiorenni non economicamente autosufficienti?

Il diritto viene meno automaticamente riscontrata la carenza dei requisiti (es. maggiore età dei figli) oppure solo a seguito di un nuovo provvedimento del giudice?

La nuova disciplina dell’IMU contenuta nella Legge 160/2019 include nel decalogo delle fattispecie assimilate all’abitazione principale, beneficiaria di esenzione IMU, la casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli. Nel dettaglio la norma agisce sia al comma 741 sia al comma 743 dell’articolo 1 della legge in commento. In particolare:

  • Ai sensi del comma 741, lettera c), punto 4) sono considerate abitazioni principali la casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso.
  • Ai sensi del comma 743 è soggetto passivo dell’imposta il genitore assegnatario della casa familiare a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario dei figli.

Nella nuova disciplina normativa si pone al centro della fattispecie la tutela dei figli e la conseguente salvaguardia della cosiddetta casa familiare. L’esenzione richiede:

  • La presenza di FIGLI MINORENNI in quanto il genitore è affidatario fino al compimento della maggiore età del figlio, cosa diversa dall’obbligo di mantenimento che può continuare anche per gli anni successivi; in caso di figli con disabilità importante non autosufficienti, non rileva il requisito della maggiore età.
  • Il provvedimento del giudice comprensivo della gestione dei minori da parte dei genitori, indicando l’assegnazione della casa familiare (va evidenziato che trattasi di diritto di godimento (non diritto reale) che solo ai fini IMU viene considerato diritto di abitazione.
  • LA CASA FAMILIARE è quella nella quale i genitori abitavano con il figlio ai sensi dell’art 337 sexies del cc

L’IFEL, nelle Faq sulla nuova IMU del 6 marzo 2020 ha precisato che le disposizioni in merito all’assegnazione della casa familiare riguardano i figli minori (articolo 337-sexies Codice civile) e i figli maggiorenni portatori di handicap grave (articolo 337-septies Codice civile). L’assimilazione non opera, invece, in presenza di figli maggiorenni non economicamente autosufficienti, per i quali il mantenimento della casa familiare avviene non in virtù della qualifica di “genitore affidatario”, ma in ragione degli obblighi economico patrimoniali dei genitori, a nulla rilevando che si tratti di figli fiscalmente a carico. Nelle more di sentenze di Cassazione sull’esatta portata di questa norma, si ritengono condivisibili le indicazioni IFEL.

Non è di ostacolo all’applicazione del beneficio la fattispecie dell’affido condiviso del minore, caso nel quale il diritto di abitazione ai fini IMU spetta sempre per un solo immobile individuato come casa familiare (nella quale abitavano con il minore) assegnata al genitore affidatario.

Recentemente, la Cassazione ha affrontato anche il requisito della residenza anagrafica e dimora abituale del genitore affidatario e quindi assegnatario della casa familiare. Con l’ordinanza 4303/2025, la Suprema Corte ribalta la tesi ministeriali sul requisito della residenza anagrafica in caso di coniuge assegnatario (dal 2020 genitore affidatario) della casa coniugale ( dal 2020 casa familiare), ritenuto dall’ordinanza in commento indispensabile ai fini dell’esenzione. Nell’indagare le motivazioni sollevate dall’ente, la Suprema corte conclude con la formulazione del seguente principio di diritto: «l’esenzione dal pagamento dell’IMU prevista dall’art. 1, comma 707, della legge n. 147/2013 in relazione al possesso di casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, postula che in detta unità immobiliare la contribuente abbia stabilito la propria residenza anagrafica e la dimora abituale”.

Risposta ai singoli punti

  • Ai fini IMU, il diritto di abitazione sulla casa familiare si costituisce esclusivamente in capo al genitore affidatario dei figli, con ciò escludendo tutti i casi in cui non sono presenti figli?

Si, riguarda solo il genitore affidatario dei figli e della casa familiare ( nel caso del diffuso affido condiviso, rileva verso chi  è stata disposta l’assegnazione della casa familiare)

in assenza di figli non è possibile applicare la nuova disciplina: questo è l’aspetto che rende la nuova disciplina ben diversa dalla precedente, che non contemplava la stretta indicazione del genitore affidatario. Si conferma che dal 2020, in assenza dei minori non è possibile applicare la nuova disciplina: sostanzialmente, lo spostamento della soggettività passiva per diritto di abitazione del genitore affidatario agisce solo nei casi previsti dalla norma. La disciplina precedente si fermava all’assegnazione della casa coniugale, in presenza della sentenza che in tal senso dispone. Ora, la stessa sentenza non basta in questi casi, perché vi è da sottolineare che la sentenza di separazione, nel disporre l’assegnazione della casa coniugale, non crea diritti reali ma diritti personali di godimento. Possono esistere anche sentenze che dispongono trasferimenti di diritti che poi comportano la trascrizione della sentenza nei RR.II. La normativa IMU non entra in queste vicende, si limita a dire che, SOLO AI FINI DEL VERSAMENTO IMU, IL SOGGETTO PASSIVO E’ IL GENITORE AFFIDATARIO DEI FIGLI IN PRESENZA DI  PROVVEDIMENTO DEL GIUDICE CHE COSTITUISCE ALTRESÌ IL DIRITTO DI ABITAZIONE IN CAPO AL GENITORE AFFIDATARIO DEI FIGLI.

  • Il diritto viene meno automaticamente riscontrata la carenza dei requisiti (es. maggiore età dei figli) oppure solo a seguito di un nuovo provvedimento del giudice?

Come visto sopra, la terminologia genitore affidatario ha un significato preciso nel codice civile. Il genitore affidatario è colui al quale viene affidato un figlio minorenne in seguito a una decisione del giudice, in base all’articolo 337-ter.  Si tratta di una situazione diversa dall’obbligo di mantenimento economico che può giungere fino al termine del percorso di studi (e quindi ben oltre i 18 anni)

La carenza dei requisiti di legge agisce automaticamente senza che sia necessario un nuovo provvedimento del giudice; con la maggiore età dei figli, viene meno il requisito dello spostamento della soggettività passiva ai fini IMU, che quindi torna in capo all’originario titolare del diritto reale.

 https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com/#showdoc/44123733

 

17 settembre 2025 | Fonte:  https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com

Classamento catastale e benefici fiscali: la Cassazione nega la retroattività alla variazione del contribuente

 Con l’ordinanza n. 22685 del 5 agosto 2025, la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha riaffermato con chiarezza alcuni principi cardine in materia di imposta municipale propria (Imu), con particolare riferimento all’efficacia temporale delle variazioni catastali e al valore giuridico delle circolari amministrative. La suprema corte ha stabilito che, di regola, una modifica del classamento catastale richiesta dal contribuente, anche se finalizzata a ottenere un’esenzione, non ha efficacia retroattiva, ma produce i suoi effetti a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo alla sua annotazione nei registri. Viene così ribadita la preminenza della certezza del diritto e delle risultanze catastali formali, limitando la retroattività ai soli casi eccezionali di correzione di errori di fatto commessi e riconosciuti dall’ufficio. La pronuncia, inoltre, ha ricondotto le circolari dell’agenzia delle Entrate al loro corretto alveo di atti di indirizzo interni, privi di forza vincolante per il giudice e per il contribuente.

Il caso

La controversia trae origine da due avvisi di accertamento Imu per le annualità 2013 e 2014, notificati da un Comune a un consorzio di bonifica. Quest’ultimo impugnato gli atti impositivi, sostenendo di avere diritto all’esenzione.

L’allora Commissione tributaria regionale (Ctr), in riforma della decisione di primo grado, accoglieva le ragioni del consorzio. Il giudice d’appello ha fondato la propria decisione su una circolare del 2020 che suggeriva l’inserimento degli immobili dei consorzi di bonifica nella categoria catastale “E”, esente da imposta. La Ctr ha attribuito a tale circolare e al conseguente nuovo classamento un’efficacia “dichiarativa” e, pertanto, retroattiva, ritenendo che gli immobili avrebbero dovuto essere considerati esenti sin dalla loro origine. Secondo la Ctr, inoltre, la lunga inerzia del Comune nel pretendere il tributo aveva ingenerato nel contribuente un legittimo affidamento circa la non debenza dell’imposta.

Avverso tale sentenza, il Comune ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione delle norme che regolano la base imponibile del tributo e l’efficacia temporale delle variazioni catastali. In particolare, l’ente locale sosteneva che il nuovo classamento, ottenuto a seguito di una procedura Docfa del 2018 e definito con un accordo di conciliazione, non potesse avere effetti retroattivi per le annualità in contestazione, e che una circolare amministrativa non potesse derogare ai principi di legge.

La decisione assunta dalla Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Comune, cassando con rinvio la sentenza della Ctr. La Suprema Corte ha censurato la decisione impugnata su due principali aspetti.

In primo luogo, ha smontato l’impianto argomentativo della Ctr relativo al valore della circolare. I giudici di legittimità hanno ribadito che una circolare è un mero atto di indirizzo interpretativo, non vincolante né per il contribuente, né per gli uffici, né tantomeno per il giudice. Essa non ha natura dispositiva e non può incidere sulle risultanze catastali o fondare un’efficacia retroattiva del classamento.

In secondo luogo, e in modo dirimente, la Corte ha ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale sull’efficacia temporale delle variazioni catastali. Il principio generale, sancito dall’articolo 5, comma 2, del Dlgs n. 504/1992 (applicabile Imu), ha stabilito che la base imponibile è determinata sulla base della rendita risultante in catasto al 1° gennaio dell’anno di imposizione. Ne consegue che le variazioni di rendita, comprese quelle derivanti da un nuovo classamento, hanno efficacia solo a decorrere dal 1° gennaio dell’anno d’imposta successivo a quello in cui sono state annotate negli atti catastali. Questa regola, dettata da esigenze di uniformità e certezza, si applica anche alle variazioni richieste dal contribuente tramite procedura Docfa.

La Corte ha poi precisato che l’unica deroga a tale principio di irretroattività si ha quando la modifica della rendita deriva dalla correzione di un errore di fatto, “evidente ed incontestabile”, commesso dall’Ufficio stesso in sede di classamento originario. Solo in tale ipotesi la nuova rendita ha efficacia retroattiva. Nel caso di specie, il riclassamento era invece scaturito da un’iniziativa del contribuente (dichiarazione Docfa del 2018), seguita da un accordo conciliativo, e non dalla rettifica d’ufficio di un proprio errore. Pertanto, la variazione non poteva che avere efficacia prospettica, a partire dal 2019.

Infine, la Corte ha richiamato la propria giurisprudenza (in particolare, cassazione n. 24279/2019) per sottolineare che l’esenzione per gli immobili “classificati o classificabili” in categoria E non può essere invocata retroattivamente per beni che, ad iniziativa dello stesso contribuente, erano stati in precedenza iscritti in categorie diverse e soggette a imposta (Cassazione civile sezione 5, n. 24279 del 30-9-2019).

Il commento

L’ordinanza in commento si segnala per la sua capacità di ribadire, con cristallina lucidità, alcuni pilastri fondamentali del diritto tributario immobiliare, ponendo un freno a interpretazioni estensive che minano la certezza dei rapporti giuridici e la corretta applicazione dei tributi. La decisione della Suprema Corte merita piena adesione, in quanto rafforza la coerenza del sistema e offre un orientamento sicuro agli operatori e ai contribuenti.

La centralità del dato catastale

Il primo e più importante principio che emerge dalla pronuncia è la centralità assoluta del classamento catastale ai fini dell’applicazione dell’Imu. La Corte, in linea con un orientamento ormai granitico, conferma che il presupposto oggettivo dell’imposta è indissolubilmente legato alle risultanze formali dei registri immobiliari (Cassazione civile sezione 5, n. 6349 dell’8-3-2024; Cassazione civile sezione 5, n. 6332 dell’8-3-2024). Non è la situazione di fatto, né l’uso concreto dell’immobile a determinare il regime fiscale, bensì la sua qualificazione giuridica come cristallizzata in catasto. Questo approccio, lungi dall’essere un mero formalismo, risponde a un’esigenza imprescindibile di certezza, parità di trattamento e prevedibilità dell’azione amministrativa.

L’efficacia pro futuro delle variazioni catastali: una regola a presidio della certezza

Il cuore della decisione risiede nella rigorosa applicazione del principio di irretroattività delle variazioni catastali. La regola secondo cui le modifiche producono effetti dall’anno successivo alla loro “messa in atti” è un cardine del sistema impositivo immobiliare. La Corte fa bene a sottolineare che tale regola non ammette deroghe basate sulla procedura utilizzata (come il Docfa) o sulla natura dell’atto che definisce la variazione (come un accordo di conciliazione). La ratio è evidente: impedire che la base imponibile di annualità ormai concluse possa essere modificata a posteriori, generando incertezza e un contenzioso potenzialmente illimitato.

La Corte ha distinto acutamente, richiamando un suo precedente (Cassazione civile sezione. 5, n. 22653 del 11-09-2019), tra l’efficacia dell’atto di attribuzione della rendita (che decorre dalla sua notifica e abilita il contribuente alla tutela giurisdizionale) e la sua applicabilità ai fini impositivi, che rimane ancorata alla scansione temporale dei periodi d’imposta.

L’eccezione della retroattività per correzione di errore dell’ufficio viene correttamente confinata entro limiti rigorosissimi: l’errore deve essere di fatto, imputabile all’amministrazione e da essa stessa riconosciuto come “evidente ed incontestabile”. Questa stretta interpretazione è fondamentale per evitare che la nozione di “errore” diventi un facile espediente per ottenere rimborsi o esenzioni retroattive in situazioni in cui, in realtà, vi è stato un ripensamento del contribuente o una diversa valutazione delle caratteristiche dell’immobile. La giurisprudenza di merito, del resto, si è già allineata a questa impostazione restrittiva, negando la retroattività a correzioni di “meri errori di trascrizione” commessi dal tecnico del contribuente (cfr. Cgt di 1° grado di Chieti, sentenza n. 298/2023).

Il corretto inquadramento delle circolari amministrative

Infine, la pronuncia ha offerto un’importante lezione sulla gerarchia delle fonti. La Cassazione ha giustamente ricondotto la circolare amministrativa al suo ruolo naturale di atto interno, interpretativo e non vincolante, privo di qualsiasi efficacia normativa. L’errore della Ctr, che aveva elevato una circolare a fonte di diritto con efficacia “dichiarativa” e retroattiva, rappresentava una pericolosa sovversione dei principi generali. La Corte, con questa decisione, ha ripristinato il corretto ordine, riaffermando che l’interpretazione e l’applicazione della legge spettano al giudice, che non può essere vincolato dalle opinioni, pur autorevoli, dell’Amministrazione finanziaria (Cassazione civile sezione 5, N. 35098 del 29-11-2022).

In conclusione, l’ordinanza n. 22685/2025 si configura come un prezioso baluardo a difesa della certezza del diritto tributario. Stabilendo confini netti all’efficacia temporale delle variazioni catastali e ribadendo la subalternità della prassi amministrativa rispetto alla norma di legge, la Suprema Corte ha fornito un quadro di riferimento chiaro e prevedibile, essenziale per la corretta gestione del rapporto tra Fisco e contribuente.

 https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com/art/classamento-catastale-e-benefici-fiscali-cassazione-nega-retroattivita-variazione-contribuente-AHjyfxfC?cmpid=nl_ntediliziapa

 

17 settembre 2025 | Fonte:  https://ntplusfisco.ilsole24ore.com

Immobili merce, dichiarazione per l’esenzione Imu con effetto anche sugli anni successivi

La Cgt Campania: non è dovuto il rinnovo annuale in assenza di dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell’imposta dovuta

La dichiarazione ai fini dell’esenzione Imu degli immobili merce ha effetto anche per gli anni successivi, fermo restando non siano modificate le condizioni dichiarate da cui emerga un’eventuale imposta dovuta. È quanto affermato dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania con la sentenza 3993/8/2025.

Va ricordato, infatti, che l’impresa costruttrice ha diritto all’esenzione dall’Imu sugli immobili di sua proprietà, destinati alla vendita e non locati ai sensi dell’articolo 2, comma 2, Dl 102/2013; gli immobili in questione sono, infatti, attratti nel reddito d’impresa come «beni merce» e, dunque, sottratti alla ratio del regime impositivo previsto dall’Imu, per i redditi fondiari.

L’avviso dell’ente locale

Una Srl che svolge attività di costruzioni immobiliare ha ricevuto, nel marzo 2023, un avviso di accertamento da parte della società di gestione delle entrate e dei tributi per conto del Comune; l’avviso chiedeva il pagamento di oltre 4mila euro complessivi per omesso versamento Imu nell’anno 2017, in relazione a tre immobili facenti parte di un unico fabbricato.

La Srl nel ricorso contestava l’insussistenza del presupposto impositivo, configurandosi gli immobili accertati quali «beni merci» costruiti dalla medesima società ricorrente con regolare licenza edilizia in relazione ai quali, in data 30 giugno 2014, la ricorrente aveva inviato al Comune, mediante Pec, la dichiarazione per l’Imu dalla quale si evinceva che si trattavano di «beni merce».

I giudici di primo grado avevano accolto l’opposizione della società di riscossione dei tributi del Comune basata sull’obbligo della dichiarazione annuale Imu; poiché per quell’anno (2017) la dichiarazione Imu non era stata presentata e non potendo valere la dichiarazione del giugno 2014, riferita all’anno 2013, l’Imu da parte della società, era dovuta.

Il ricorso della società di costruzioni davanti alla Ctr si basa, in particolare, sulla censura della sentenza dei giudici di primo grado, perché dalla normativa contenuta nell’articolo 2 , comma 5-bis, del Dl 102/2013, non è dato rinvenire la previsione di un rinnovo annuale della dichiarazione Imu, sempre che non si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell’imposta dovuta.

La dichiarazione Imu

Per i giudici tributari di secondo grado il ricorso è fondato; anche se la previsione di ultrattività della dichiarazione è contenuta nell’ex articolo 13, comma 12-ter, del Dl 201/2011, non può dubitarsi che la stessa caratteristica debba riconoscersi alla dichiarazione di cui all’articolo 2, comma 5-bis, del Dl 102/2013. Sia perché tale ultima norma non dice che la dichiarazione vada ripetuta annualmente, sia per ragioni sistematiche, apparendo irragionevole ritenere che, per godere del beneficio dell’esenzione Imu per l’immobile merce, il contribuente debba richiederlo ogni anno, mentre, per godere di altre esenzioni (ad esempio abitazione principale), è sufficiente la originaria dichiarazione. Una diversa interpretazione finirebbe per introdurre una ingiustificata disparità di trattamento tra contribuenti.

Tra l’altro, osserva la Ctr, lo stesso regolamento del Comune, come ha ben evidenziato la società ricorrente, prevede espressamente che la dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi, senza fare distinzione tra le diverse agevolazioni Imu che possono incidere sull’ammontare o sulla debenza stessa dell’imposta.

Sull’argomento si segnala che la Cassazione con l’ordinanza n. 19665/2023, ha affermato il seguente principio di diritto in materia di Ici (applicabile per analogia all’Imu), nel caso in cui il contribuente abbia richiesto , con la rituale allegazione di perizia redatta dall’ufficio tecnico comunale o di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, la riduzione prevista dall’articolo 8, comma 1, del Dlgs 504/1992, in relazione ad un determinato anno d’imposta: «La perduranza ultrannuale dello stato di inagibilità o inabitabilità dell’immobile non necessita della reiterazione di una specifica richiesta per usufruire della riduzione nella misura del 50% per gli anni successivi, sempre che il contribuente provi che l’ente impositore abbia avuto conoscenza (attraverso l’acquisizione di documenti o l’assunzione di informazioni, anche se per finalità extratributarie) della protratta inutilizzabilità dell’immobile; in ogni caso, in coerenza con i principi sanciti dagli articoli 6, comma 4, e 10, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, ove risulti che l’ente impositore sia venuto a conoscenza (attraverso le medesime fonti) del ripristino dello stato di agibilità o abitabilità dell’immobile, la predetta riduzione non può più essere riconosciuta al contribuente, che ritorna ad essere obbligato al versamento dell’Ici in misura integrale per gli anni successivi».

https://ntplusfisco.ilsole24ore.com/art/immobili-merce-dichiarazione-l-esenzione-imu-effetto-anche-anni-successivi-AHHtwqeC?cmpid=nl_ntplusfisco

 

23 settembre 2025 | Fonte:  https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com

Non dovuta l’IMU sull’immobile occupato abusivamente anche nel periodo antecedente alla norma di esenzione

Esclusa l’imposizione IMU del terreno occupato abusivamente anche per i periodi antecedenti alla nuova disciplina di legge, introdotta con la lettera g bis del comma 759 dell’art. 1 Legge 160/2019 (ad opera dell’art. 1, comma 81, della legge n. 197 del 2022). La decisione (Cassazione n. 18940/2025) poggia sull’effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della disciplina normativa IMU nella parte in cui non prevedeva l’esenzione  per la fattispecie tipica delineata dal giudice delle leggi, quale causale di esclusione del presupposto impositivo in ragione del ricorrere degli specifici presupposti «immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli artt. 614,secondo comma, o 633 del codice penale o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale».

«Indipendentemente dalla nozione di possesso cui debba farsi riferimento a proposito dell’IMU, è irragionevole affermare che sussista la capacità contributiva del proprietario che abbia subito l’occupazione abusiva di un immobile che lo renda inutilizzabile e indisponibile e si sia prontamente attivato per denunciarne penalmente l’accaduto, tanto che il legislatore, come già rilevato, è intervenuto con la legge n. 197 del 2022 per dichiarare non dovuta l’imposta in questione»;

È dunque irragionevole e contrario al principio della capacità contributiva che il proprietario di un immobile occupato abusivamente, il quale abbia sporto tempestiva denuncia all’autorità giudiziaria penale sia, ciò nonostante, tenuto a versare l’IMU per il periodo decorrente dal momento della denuncia a quello in cui l’immobile venga liberato, perché la proprietà di tale immobile non costituisce, per il periodo in cui è abusivamente occupato, un valido indice rivelatore di ricchezza per il proprietario spogliato del possesso.»;

La retroattività degli effetti della pronuncia di illegittimità costituzionale trova un limite nelle situazioni giuridiche già consolidate – conseguenti, quindi, a fatti giuridici riconosciuti idonei a produrre un siffatto effetto (quali la formazione del giudicato, l’inimpugnabilità dell’atto amministrativo, la prescrizione e la decadenza;) – con la precisazione che non può considerarsi esaurito (ed insensibile alla dichiarazione di incostituzionalità) un rapporto il cui perfezionamento (quanto ai contenuti delle relative situazioni giuridiche soggettive) consegua (proprio) dall’applicazione della norma espunta dall’ordinamento (a seguito di pronuncia del Giudice delle leggi; cfr. Cass., 13 marzo 2003, n. 3733; Cass., 28 gennaio 2000, n. 948; Cass., 2 dicembre 1996, n. 10741; Cass., 12 agosto 1994, n. 7398).

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24 settembre 2025 | Fonte:  https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com

Riscossione, da Regioni e Comuni sì allo stralcio se opzionale

Gli enti chiedono di poter decidere se cancellare i crediti o provare a gestirli

Nessuna obiezione di principio alla cancellazione delle vecchie cartelle giudicate ormai impossibili da riscuotere: a patto però che lo stralcio sia opzionale, e che quindi sia consentito agli enti territoriali di decidere se abbandonare o meno i propri crediti più antichi, senza una replica dei meccanismi automatici del passato.

È questa in sintesi l’indicazione emersa ieri dalla riunione tecnica della Conferenza Unificata, chiamata a esaminare la relazione della commissione tecnica per l’analisi del magazzino dell’ex Equitalia.

L’attenzione delle amministrazioni locali si è inevitabilmente concentrata sulle proposte di «discarico» di quei 408,47 miliardi, il 32,1% degli arretrati complessivi, ritenuti ormai irrecuperabili perché riferiti a defunti, società cancellate o partite prescritte. La quota “senza speranza” di Comuni e altri enti territoriali è valutata intorno ai 10 miliardi, cifra che appare leggera nello sconfinato magazzino da 1.272,9 miliardi ma che ovviamente non è trascurabile per le singole amministrazioni interessati. In termini numerici, poi, la posizione delle Pa locali (oltre che di Inps e Inail) nella montagna delle tasse non pagate è ancora più centrale, dal momento che il 75,9% dei debiti immagazzinati non raggiunge il valore unitario di mille euro. Anche per questa ragione le vecchie edizioni dei «saldi e stralci» sono state portate avanti con cuore leggero dallo Stato, ma subite con qualche mal di pancia dai territori.

Non è comunque il confronto con gli enti locali, destinato a sfociare il 30 settembre sul tavolo politico dell’Unificata (prevista intesa con osservazioni), a rappresentare il terreno più delicato per il documento della Commissione. Che una volta chiuso il passaggio in Unificata arriverà ufficialmente sui tavoli del ministero dell’Economia.

Sull’idea di permettere all’agente della Riscossione di conoscere le giacenze dei conti correnti si è già espresso a chiare lettere il ministro dell’Economia. Ma nel ventaglio delle contromisure messe nero su bianco dal documento si incontrano molte altre idee: a partire dall’utilizzo della fatturazione elettronica per verificare l’effettiva capacità del contribuente di onorare il debito, fino alla revisione dei processi di notifica per evitare di far invecchiare troppo il credito prima di passare davvero all’azione. Altro passaggio chiave secondo la commissione è nel rafforzamento degli organici della riscossione, con un piano di reclutamento di tecnici ed esperti digitali. Fin qui le proposte, nate anche per evitare che il discarico automatico dopo cinque anni si traduca nei fatti in una sorta di sanatoria strutturale. L’ultima parola, presto, toccherà al Governo.

https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com/art/riscossione-regioni-e-comuni-si-stralcio-se-opzionale-AHpsCfnC?cmpid=nl_ntediliziapa

 

29 settembre 2025 | Fonte:  https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com

Rifiuti, parte il servizio conciliazione: obblighi e sanzioni per i gestori

La procedura disciplinata da Arera sarà operativa da mercoledì 1° ottobre. Sono tenuti ad abilitarsi i Comuni o le Ato se titolari dei vincoli sulla qualità

Da mercoledì prossimo, 1° ottobre, parte il servizio Conciliazione anche per il settore rifiuti. La scadenza era stata scritta da Arera nella delibera n.574 del 27 dicembre 2024. In quella delibera l’Autorità ha esteso anche al settore dei rifiuti i meccanismi di tutele degli utenti già disciplinati per i settori elettrico e idrico, e la procedura è analoga salvo alcune eccezioni. Il sistema di tutele Arera ha una struttura multilivello con due macroaree: una relativa a informazioni e assistenza e l’altra alla soluzione delle controversie. La prima si sostanzia in un punto unico informatico di contatto a livello nazionale, ed è stata attivata il 1° aprile. La seconda macroarea, quella che partirà dal 1° ottobre, prevede l’attivazione di una procedura conciliativa, quale strumento di secondo livello, in caso di mancata soluzione della problematica mediante reclamo. Gli strumenti relativi alle due macroaree sono gestiti, per conto di Arera, da Acquirente Unico mediante lo «Sportello per il consumatore Energia e ambiente» e il servizio Conciliazione.

La delibera Arera spiega che vi è un obbligo partecipativo per i gestori del settore dei rifiuti alle procedure innanzi al servizio Conciliazione, il cui inadempimento costituirà una violazione della regolazione e potrà comportare l’adozione di provvedimenti prescrittivi e sanzionatori. Il gestore è tenuto ad abilitarsi alla Piattaforma telematica per partecipare alle procedure. Occorre quindi capire chi è tenuto ad abilitarsi, soprattutto in presenza della Tari, dove il servizio integrato dei rifiuti urbani è gestito da soggetti diversi. Di norma, il gestore di tariffe e rapporto con gli utenti è il Comune, che si affianca al gestore della raccolta e trasporto, spazzamento e lavaggio strade. La delibera individua il soggetto tenuto ad abilitarsi con il gestore del servizio integrato di gestione dei rifiuti, e quindi anche il Comune se è gestore delle tariffe e rapporti con gli utenti, salvo il caso in cui l’Autorità d’Ambito, se costituita e operativa, abbia individuato come soggetto obbligato agli adempimenti del Tqrif (delibera Arera n. 15/2022) il gestore delle attività di raccolta rifiuti.

Il ricorso al servizio Conciliazione è possibile quando la problematica segnalata dall’utente non è risolta mediante il reclamo al gestore, anche nel caso di mancata risposta, e quindi mira a trovare un accordo prima di adire le vie giudiziarie. Ovviamente il tentativo di conciliazione può dare esito negativo o positivo, con la stesura di un verbale di accordo, con valore transattivo. Da qui la necessità che il gestore abilitato al servizio di Conciliazione abbia anche la procura a transigere. Al servizio Conciliazione non ci si potrà rivolgere se è pendente un procedimento giurisdizionale o sia stata già definita la medesima controversia. A differenza degli altri settori regolati, però, il tentativo di conciliazione non è condizione di procedibilità per l’esercizio dell’azione giudiziaria. Sono escluse dall’ambito applicativo del servizio Conciliazione le controversie sui soli profili tributari, quindi la tutela non può considerarsi né alternativa né sostitutiva a quella del giudice tributario.

https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com/art/rifiuti-parte-servizio-conciliazione-obblighi-e-sanzioni-i-gestori-AHzS6XrC?cmpid=nl_ntediliziapa

 

30 settembre 2025 | Fonte:  https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com

Fisco, se il destinatario è assente la notifica si perfeziona dopo 10 giorni di giacenza

Lo ha ribadito la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 26371 depositata oggi

In caso di assenza del destinatario, la notifica via posta di un atto da parte del Fisco si intende perfezionata entro 10 giorni dal deposito dell’avviso di giacenza. Lo ha ribadito la Corte di cassazione, ordinanza n. 26371 depositata oggi, accogliendo il ricorso incidentale dell’Agente della riscossione contro la decisione della Ctr della Sicilia. Il giudice tributario di secondo grado, riformando la decisione di primo grado, aveva invece ritenuto ammissibile il ricorso dei contribuenti, rilevando la nullità della notifica del preavviso di fermo, e dunque l’ammissibilità del ricorso originario dei contribuenti.

Per la Sezione tributaria però il ragionamento non è corretto. “In tema di notifica diretta degli atti impositivi, eseguita a mezzo posta dall’Amministrazione senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario – si legge nella decisione -, in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario, la notificazione si intende eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza e di deposito presso l’Ufficio Postale (o dalla data di spedizione dell’avviso di giacenza, nel caso in cui l’agente postale, sebbene non tenuto, vi abbia provveduto)”.

Si tratta, spiega la Corte, di un procedimento semplificato, posto a tutela delle preminenti ragioni del fisco, in cui trova applicazione il regolamento sul servizio postale ordinario, che non prevede la comunicazione di avvenuta notifica. Sul punto, prosegue, la Corte costituzionale (n. 175 del 2018) ha infatti ritenuto legittimo l’art. 26, co. 1, Dpr 602 del 1973, in quanto “il ragionevole bilanciamento degli interessi pubblici e privati è comunque assicurato dalla facoltà per il contribuente di richiedere la rimessione in termini, ex art. 153 c.p.c., ove dimostri, anche sulla base di idonei elementi presuntivi, di non aver avuto conoscenza effettiva dell’atto per causa a lui non imputabile” (Cass. n. 6702/2025).

https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/fisco-se-destinatario-e-assente-notifica-si-perfeziona-10-giorni-giacenza-AHJVoyuC?cmpid=nl_ntDiritto

 

30 settembre 2025 | Fonte:  https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com

Soggettività passiva IMU nella vendita con riserva della proprietà: il tributo resta in capo al titolare del diritto reale fino al trasferimento definitivo

 Con la sentenza n. 741/2025, la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sardegna ha affrontato un’importante questione in tema di soggettività passiva dell’IMU nei contratti di compravendita immobiliare stipulati con patto di riserva della proprietà, fornendo chiarimenti utili in assenza di precedenti di legittimità espressamente riferiti alla fattispecie.

La controversia riguardava un immobile ceduto a titolo oneroso con riserva della proprietà da parte di ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare), ente pubblico economico operante nel settore agroalimentare, ad un acquirente privato. Il contratto prevedeva che la proprietà dell’immobile sarebbe stata trasferita solo con il pagamento dell’ultima rata del prezzo pattuito, in applicazione dell’art. 1523 c.c.

Secondo tale disposizione, infatti, “nella vendita a rate con riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa con il pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna”. Il Collegio ha richiamato questo principio per affermare che, sino all’integrale pagamento del corrispettivo, la titolarità del diritto reale di proprietà resta in capo al venditore, mentre l’acquirente gode del bene in qualità di detentore qualificato, senza che ciò comporti l’assunzione della soggettività passiva IMU.

La Corte ha evidenziato come l’art. 9, comma 1, del D.lgs. 23/2011 individui espressamente come soggetti passivi dell’IMU il proprietario dell’immobile o il titolare di un diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie). Le uniche deroghe previste dal legislatore riguardano il concessionario di aree demaniali e il locatario finanziario. Nessuna disposizione analoga è prevista per la vendita con riserva della proprietà, con la conseguenza che il tributo resta a carico del soggetto formalmente titolare del diritto reale, anche qualora il possesso materiale del bene sia trasferito ad altri.

Con riferimento agli avvisi di accertamento impugnati, il Collegio ha respinto le doglianze sollevate da ISMEA circa la presunta carenza di motivazione degli atti impositivi, ritenendo che gli stessi contenessero gli elementi essenziali dell’an e del quantum della pretesa tributaria. In linea con l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 13402/2020), è stato ritenuto sufficiente che l’atto permetta al contribuente di comprendere le ragioni giuridiche e fattuali della richiesta, in modo da esercitare pienamente il diritto di difesa.

La Corte ha inoltre rigettato la richiesta di esenzione IMU avanzata da ISMEA, rilevando che l’immobile oggetto di accertamento non era utilizzato direttamente per finalità istituzionali al momento dell’imposizione. In tal senso, è stato ribadito l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 16797/2017; Cass. n. 3275/2019; Cass. n. 19773/2019), secondo cui l’esenzione si applica solo qualora il bene sia adibito direttamente, esclusivamente e immediatamente alle attività istituzionali dell’ente, restando esclusa in caso di concessione a terzi, anche a titolo oneroso.

Tenuto conto della natura controversa della questione giuridica trattata e della presenza di orientamenti difformi nella giurisprudenza di merito, il Collegio ha ritenuto equa la compensazione integrale delle spese processuali tra le parti.

Questa pronuncia contribuisce a delineare con maggiore chiarezza i criteri per l’individuazione del soggetto passivo IMU nei casi di vendita con riserva della proprietà, riaffermando il principio secondo cui il tributo continua a gravare sul titolare del diritto reale, fino al momento in cui si perfeziona il trasferimento della proprietà ai sensi dell’art. 1523 c.c., salvo diversa previsione normativa espressa.

 https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com/#showdoc/44187037

 

30 settembre 2025 | Fonte:  https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com

Riduzione IMU per immobile inagibile noto al comune

La suprema Corte (Cassazione n. 24259/2025) conferma il diritto alla riduzione IMU a favore dell’immobile inagibile ritenendo sufficiente la conoscenza dello stato da parte dell’ente.

Il Comune era a conoscenza dello stato di inagibilità dell’immobile per tre convergenti elementi: documentazione fotografica e relazione tecnica; prescrizione di recinzione dell’immobile da parte del Comune stesso per ragioni di sicurezza; dal 2012, esenzione Tari riconosciuta dal Comune per distacco utenze proprio in ragione dell’inagibilità dell’immobile.

L’esenzione IMU compete come costantemente ritenuto da questa Corte di Cassazione: «In tema di IMU nell’ipotesi di immobile inagibile, l’imposta va ridotta, ai sensi dell’art. 13, comma 3, del d.l. n. 201 del 2011 (conv. con modif. dalla l.n. 214 del 2011), nella misura del 50 per cento anche in assenza di richiesta del contribuente quando lo stato di inagibilità è perfettamente noto al Comune, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente di cui è espressione anche la regola secondo cui a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune» Cass. Sez. 6, 26/03/2021, n. 8592, Rv. 660884 – 01).

 https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com/#showdoc/44187085

 

30 settembre 2025 | Fonte:  https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com

La Corte di Giustizia Tributaria, con sentenza n. 750/2025, ha confermato la legittimità dell’avviso di accertamento emesso su aree edificabili sottoposte a vincoli ambientali e idrogeologici. Il Collegio ha ribadito il principio secondo cui l’imposizione IMU si fonda sulla classificazione dell’area come edificabile negli strumenti urbanistici comunali, a prescindere dai vincoli che ne limitano l’edificabilità, purché questi siano considerati nella determinazione del valore di mercato.

Nel caso di specie si trattava pacificamente di aree incluse nel PUG come edificabili e ricadenti in zona di espansione industriale, pur in presenza di penetranti vincoli ambientali ed idrogeologici; di tanto ha tenuto conto il Comune nel determinarne con apposita delibera il valore di mercato . Tale valore, posto a base della impugnata tassazione, è stato soltanto genericamente contestato dalle ricorrenti in relazione ai dedotti vincoli di inedificabilità, di cui per altro il Comune ha già tenuto conto, come espressamente precisato nelle sue difese in primo grado . Né le ricorrenti hanno mai depositato un elaborato tecnico di parte, che descriva analiticamente i vari cespiti e ne determini il minor valore con argomentazioni degne di considerazione

https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com/#showdoc/44187093

 

30 settembre 2025 | Fonte:  https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com

Tassabile ai fini TARI l’intero spazio acqueo della concessione

 La controversia riguarda agli avvisi di accertamento in materia di TARI relativi agli anni d’imposta 2017-2018-2019 emessi a carico di una concessionaria di specchio acqueo, determinata moltiplicando l’importo al metro quadro della tariffa TARI per l’intera superficie in concessione, applicando la categoria degli stabilimenti balneari.

Il ricorrente invocava l’esenzione richiamando la disciplina del regolamento TARI, nella parte in cui prevede  «Non sono soggetti alla tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o che non comportano, secondo la comune esperienza, la produzione di rifiuti in misura apprezzabile per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati, come a titolo esemplificativo: […] b) le superfici destinate al solo esercizio di attività sportiva, ferma restando l’imponibilità delle superfici destinate ad usi diversi, quali spogliatoi, servizi igienici, uffici, biglietterie, punti di ristoro, gradinate e simili; [..]

Ebbene, la CGT della Toscana (CGT II GRADO TOSCANA n.763/2025) ha rigettato i ricorsi, evidenziando che la delimitazione del concetto di aree scoperte impiegata dal legislatore non va tratta dal  dato solido del suolo, ma dallo scopo, perseguito dalla norma, d’individuare un presupposto giuridico della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani ulteriore rispetto ai fabbricati, tenuto conto delle finalità tutelate dal legislatore di eliminare comunque tutti i rifiuti prodotti da insediamenti, permanenti o provvisori, di comunità umane (Cass 2013 nr 3773).

La legge definisce, “di massima”, i criteri ai quali i comuni devono attenersi per la determinazione delle tariffe, indicando categorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti e, segnatamente, prevede che in una medesima articolazione categoriale possono essere inclusi, insieme ai campeggi o agli stabilimenti balneari “analoghi complessi attrezzati” e ciò consente di ritenere gli spazi di ormeggio e i pontili di attracco delle imbarcazioni in un porto turistico, dove ordinariamente stazionano gli occupanti delle imbarcazioni, riconducibili alla categoria definita nel regolamento”.

Vengono dunque respinte le motivazioni del contribuente nel considerare l’area necessaria e destinata alle manovre e alla sicurezza dei natanti – non al parcheggio – non tassabile in quanto non operativa (come tale inidonea a produrre rifiuti) ed accessoria ad altra area – quella relativa all’ormeggio delle barche – già oggetto di tassazione. Come osservato dal Comune, infatti, la concessione demaniale di cui fruiva la Ricorrente era utilizzata principalmente per la pratica sportiva da diporto dei soci, che avevano a disposizione un punto di ormeggio riservato e il godimento del bene – comportante l’utilizzo dell’intera area operativa – per esigenze private dei soci stessi che, per mezzo della concessione, godevano rispetto ad essa, in via stabile, di un diritto in esclusiva, al pari di qualsiasi altro concessionario. Nel contesto dell’area operativa dello spazio acqueo in concessione, appare obiettivamente impraticabile individuare in quali aree non potessero prodursi rifiuti o che non comportassero, secondo la comune esperienza, la produzione di rifiuti in misura apprezzabile per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati.

 https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com/#showdoc/44187097

 

30 settembre 2025 | Fonte:  https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com

Rinuncia all’eredita’ retroattiva

 Il chiamato all’eredità che, dopo aver presentato la denuncia di successione, riceva l’avviso di accertamento dell’imposta ed ometta di impugnarlo, determinandone la definitività, non è comunque tenuto al pagamento dell’imposta laddove successivamente rinunci all’eredità, in quanto l’efficacia retroattiva della rinuncia, legittimamente esercitata, determina il venir meno con effetto retroattivo anche del presupposto impositivo. (CGT II GRADO ABRUZZO 439/2025)

Il caso trattato è peculiare in quanto l’Agenzia contesta che la contribuente era stata immessa nel possesso dei beni atteso che ha continuato ad avere la residenza e ad abitare nel medesimo immobile di proprietà del de cuius, nonostante la rinuncia all’eredità depositata presso il Tribunale. La signora, inoltre, versa la Tari ed è intestataria dell’utenza dell’energia elettrica e dell’utenza del gas dell’immobile sopra indicato. Ritiene, quindi, avvenuta la rinuncia formale all’eredità non validamente ed efficacemente prestata anche in considerazione del fatto che la stessa, avendo il possesso di beni ereditari e non avendo effettuato alcun tempestivo inventario, doveva essere considerata erede pura e semplice.

La Suprema Corte, con l’ordinanza del 16 novembre 2015, n. 23406 ha chiarito che la permanenza, dopo il decesso del marito, nella abitazione familiare da parte della moglie, costituisce esercizio del diritto di abitazione e di uso dei mobili che la corredano, spettante al coniuge superstite quale legatario ex lege (art.540 cod.civ.). Ciò anche nell’ipotesi di successione legittima, indipendentemente dalla ulteriore qualità di chiamato all’eredità del soggetto. Deve pertanto escludersi che il mero fatto di continuare ad abitare, dopo l’apertura della successione, nella casa familiare e ad utilizzare i mobili che la corredano conferisca al coniuge la qualità di possessore di beni ereditari per gli effetti previsti dall’art.485 cod. civ.

Del pari inidonei a conferire la qualità di possessore dei beni ereditari sono i pagamenti effettuati a titolo di utenze della luce, del gas e della Tari.

https://smart24tributilocali.ilsole24ore.com/#showdoc/44187113