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I Consiglieri comunali non possono accedere agli elenchi dei beneficiari di buoni spesa Fonte:  Consiglio di Stato, sez. V - Sentenza 11/03/2021 n. 2089

La recente sentenza del Consiglio di Stato è fondamentale perché evidenzia e ribadisce ancora una volta come il principio di equilibrio debba sempre essere richiamato per dirimere e regolare le contrapposte esigenze tra legittimo interesse di accesso ai dati e la doverosa tutela della privacy.

Nel caso specifico, la citata sentenza ribalta una pronuncia del TAR della Basilicata che in precedenza aveva ritenuto legittimo l’accesso da parte di consiglieri comunali, anche in virtù di un diritto “rafforzato” conseguente al loro status, ai nominativi di cittadini destinatari di buoni spesa, oltre che alle informazioni strettamente connesse ai benefici economici erogati (ad esempio il numero dei beneficiari ammessi, gli importi totali erogati, eventuali altri benefici simili già concessi).

Il Consiglio di Stato sottolinea invece come il controllo politico-amministrativo proprio di chi ricopre la carica di consigliere si debba riferire al complesso dei risultati della gestione e al rispetto dei criteri generali da parte dell’ente, attività che può essere efficacemente ed esaustivamente svolta analizzando dati aggregati e anonimizzati, in quanto si tratta di indici sufficienti per valutare l’azione amministrativa, e che viceversa la conoscenza dei nominativi dei beneficiari da un lato esporrebbe inutilmente il disagio socio-economico di questi ultimi, ledendone la dignità, e dall’altro potrebbe addirittura generare fenomeni di “captazione del consenso”, poiché il consigliere potrebbe essere indotto a presentarsi ai beneficiari come colui che ha favorito il beneficio.

Nel caso di specie non rileva neanche l’obbligo di riservatezza a cui sono tenuti i soggetti che ricoprono incarichi amministrativi all’interno di un Ente: se, infatti, viene diffuso un dato a un consigliere che a quel dato non ha diritto di accedere, il fatto che il consigliere non possa a sua volta diffonderlo non elimina l’illegittima diffusione del dato al consigliere medesimo.

Il principio fondamentale che viene nuovamente richiamato è quindi la necessità di porre sempre in essere un “ragionevole bilanciamento” tra il diritto di accesso agli atti, in questo caso per svolgere con adeguatezza i compiti legati al proprio mandato, e la a tutela della dignità della persona.

 

CdS sentenza 2089 del 2021

 

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